Niktor
Scornajenchi & Iozzo sono piuttosto exotici. Come
Gaugin cercano di far parlare l’alterità “senza assestare il proprio esilio in
un’altra appartenenza” (bella questa frase, non capisco cosa significhi ma
significherà senz’altro qualcosa di pertinente).
Veri bbifolki coll’orecchino e le crafatte ala storta,
Iozzo & Scornajenchi sono pure piuttosto zotici.
Artituristi esiliati in quel di Cosenza, agrituristi
internati tra Dipignano e Arcavacata.
Non sopportano il patetismo procedente dal postulato d’inerzia.
Ci propongono una allucinazione piacevolmente vera. Hanno abbastanza cosmo
dentro.
Mentre a noi cominciano a mancare il sole, la luna e le
mezze stagioni (signora mia!).
Alla fine del millennio, col pretesto delle invasioni
(dell’assessore diocenescansieanansi), erigono macchine celibi. Utili a
schiacciare l’osservatore. In altre parole, un classico desiderio di feem,
complicato da forti intenzioni duarcarie (mi si darà atto che gli scritti,
cosiddetti critici, di presentazione di qualche artistone non sono solitamente
più chiari di questo).
Fleefl? – ripetè il Rigeneratore.
Marfoosh – rispose Caswell, inventando la parola sul
momento.
Dov’è Basdeluto? E l’uomo che prese una paura in Belgio?
Vi manca una bella etichetta sulla merce, un cartiglio, un
bel titolo che solo Pasquale Basdeluto col suo fedele pungibullone sa
fabbricare. E per questo molto vi rimprovero.
Quanto agli alieni (quelli veri, quelli cattivi) essi
vivono. In basso. E lì volano.
Il male infatti può venire sia dall’Alto che dal Basso.
Essi si annidano, lo so per certo, nei centri interdipartimentali universitari.
Sono le sentinelle del politically correct. Non sono ultracorpi ma ci hanno già
invaso. Hanno vari travestimenti ma per lo più sono delle agrisociologhe
inneggianti alla sacra immagine di Maria Goretti e non hanno un marfoosh da
fare. Sarebbero fortemente in disaccordo con klatù-klatù.
Anche per questo l’abbiamo chiamata Arcavacata 3.
Come la terza puntata di Alien.
Occorerebbe nuclearizzare. Prima che nuclearizzino me.
massimo celani, a minuscola, giugno ‘99