tutti commissari tecnici
(...) Naturalmente non c’è stata nessuna invenzione dell’epidemia: sostenere, come ha fatto Agamben, che una macchinazione occulta di governo e mezzi di informazione abbia trovato in questa epidemia una nuova occasione, dopo il terrorismo, per impedire gli assembramenti e togliere il potere al popolo, ha la stessa credibilità delle tesi dei novax sul fatto che l’epidemia serva a promuovere la vaccinazione di massa e l’arricchimento delle case farmaceutiche. (...)
disinformazione, miopia e narcisismo intellettuale.
(...) Agamben ha costruito la sua figura di filosofo anti-sistema, per cui il suo intervento sembra mosso piuttosto dalla volontà di confermare i propri discorsi che di capire qualcosa di ignoto, come invece tentano di fare altri studiosi e scienziati – col risultato di convergere con le posizioni più becere degli anarchisti epidemiologici e dei complottisti.
Il povero Rodotà fa il Girmi nella tomba
non siete curiosi di sapere chi si erge a difesa della Costituzione e del dissenso inteso come "bene comune"?
(Continua il Ministro della Sanità )
Per far convergere intorno alla campagna di vaccinazione il consenso più largo dell'opinione pubblica, in ogni provincia è stata predisposta la costituzione di un apposito comitato, chiamando a farne parte personalità ed esperti della provincia.
Repetita iuvant per i coglioni narcisi che s'improvvisano epidemiologi e epistemologi:
"Sarebbe pertanto vana speranza attendersi la sradicazione della endemia poliomielitica da una limitata applicazione della pratica vaccinale: bisogna, al contrario, richiedere la massima estensione della vaccinazione e la massima rapidità nella sua attuazione".
PRESIDENTE. Credo di dover sottolineare che raramente interrogazioni hanno avuto una risposta così ampia e da parte del ministro in persona. L'onorevole Pasqualicchio ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
Ringrazio sentitamente l'onorevole ministro e rilevo che la sua risposta
di oggi è la conclusione di tutta una serie di discussioni e di proposte fatte nei due rami del Parlamento.
La nostra preoccupazione era, oltre che sincera, pressante, in quanto in passato a certe nostre interrogazioni non è stata data risposta, così come è accaduto per una mia proprio in questa materia presentata oltre due anni fa al Senato. (...)
È inutile riandare al passato. L'efficacia della vaccinazione antipolio è entrata ormai nella coscienza popolare. Noi sappiamo che, quando nel 1955 negli Stati Uniti si iniziò la vaccinazione, i poliomielitici erano oltre 28 mila e che nel 1960 i casi si ridussero a 3 mila, su una popolazione di oltre 180 milioni di abitanti. Se facciamo un confronto con la situazione in Italia, rileviamo che mentre nel 1960 negli Stati Uniti sono stati registrati 3,256 casi di poliomielite, in Italia se ne sono avuti
3.555. E bisogna tenere presente che la popolazione italiana è molto
inferiore a quella degli Stati Uniti. La maggiore incidenza percentuale della poliomielite in Italia è dovuta proprio alla mancanza di una vaccinazione praticata con criteri moderni e scientifici.
Voglio semplicemente ricordare al ministro alcuni dati non statistici, e alcuni problemi che investono le modalità della vaccinazione.
La vaccinazione deve essere frazionata o unitaria ? Ecco uno dei problemi più importanti sui quali dobbiamo soffermare la nostra attenzione. Sappiamo tutti che quella frazionata esige non poco tempo: si inizia con il vaccino di tipo 1, poi dopo 4 o 6 settimane si passa al tipo 2, quindi dopo altrettante settimane al tipo 3 e infine, dopo circa sei mesi, si pratica una iniezione unitaria.
Sappiamo però, sulla scorta degli studi scientifici più recenti, che si può raggiungere effettivamente l'obiettivo di una immunizzazione attiva e permanente con una vaccinazione unitaria, nel senso cioè di un'unica somministrazione dei tre tipi di vaccino, ottenendo lo stesso risultato che si persegue con la vaccinazione frazionata. Credo che questo sia un sistema da mettere in atto. Come medico, credo che esso sia il più efficace.
Un altro problema nasce dall'impostazione giuridica del problema della vaccinazione. Deve essere volontaria o obbligatoria? Sappiamo che non esiste alcuna legge al riguardo, però le sollecitazioni prospettate dal ministro ci fanno intendere che, se essa non è obbligatoria legalmente, deve almeno esserlo socialmente, in quanto vengono mobilitati molti servizi, ospedalieri e sociali, che contribuiranno alla diffusione delle
vaccinazioni: la quale, si badi, deve essere praticata durante il periodo invernale e non più tardi della primavera, altrimenti ci troveremmo completamente sforniti dei mezzi difensivi all'esplodere eventuale dell'epidemia, che come si sa, è più intensa nei mesi estivi.
Concludendo, ritengo che i provvedimenti che l'onorevole ministro ci ha comunicato e quelli che intende adottare siano corrispondenti alle esigenze di una vaccinazione attiva, proficua e sollecita.
DE PASCALIS. Desidero innanzitutto esprimere al ministro un riconoscimento per la sensibilità che lo ha portato in quest'aula a rispondere di persona alle interrogazioni che riguardano un argomento così importante, ed anche un ringraziamento per la tempestività della sua risposta.
Il 1° marzo si svolgerà in tutta Italia, per iniziativa del Ministero, una giornata nazionale contro la poliomielite.
È chiaro che non poteva mancare, alla vigilia di una iniziativa tanto importante che si propone di rilanciare la vaccinazione antipoliomielitica di massa, la parola del Parlamento. Sono stati investiti della questione gli uffici dello Stato, le organizzazioni sindacali, gli organismi più diversi: non poteva non esserne investito il Parlamento.
L'obiettivo della interrogazione che io e altri colleghi del mio gruppo abbiamo presentato, era proprio questo : porre all'attenzione del Parlamento il problema della poliomielite e della vaccinazione di massa.
E se un augurio e un auspicio posso formulare, è che questa campagna, che si svilupperà nel corso del mese di marzo e dovrà investire ceti e categorie diversi dell'opinione pubblica italiana, possa essere spiritualmente e moralmente presieduta dal Presidente della Repubblica, che so particolarmente sensibile. (mancano delle parti del resoconto stenografico)
Ma noi socialisti già lo dicemmo nel 1960 e di nuovo nel 1961. Ricorderò che fu proprio l'Avanti! a levare, nel 1961, un grido d'allarme e a sollevare dubbi sull'efficacia del metodo Salk, chiedendo nuove terapie, nuovi interventi per fare fronte in modo integrale e definitivo alla poliomielite. Citerò al riguardo due dati che si riferiscono a due paesi diversi e tra di loro distanti : gli Stati Uniti, che registravano nel 1959 8.425 casi di poliomielite e scendevano nel settembre del 1963 a solo 160
casi, dopo aver realizzato una vasta vaccinazione di massa con il metodo Sabin; la Polonia, paese più simile all'Italia, che partiva nel 1958 con 6 .090 casi e arrivava nel luglio 1963 a 15 casi soltanto,
dopo aver vaccinato con il vaccino Sabin 3 milioni di bambini nel 1960,
un altro milione nel 1961 e dopo aver distribuito altri cinque milioni di dosi nel 1962.
Di fronte a questi dati, dobbiamo dunque dire che in Italia si è
aspettato troppo.
Ma vale la pena che la Camera si ponga l 'interrogativo: perché si è aspettato troppo? Perché solo nel novembre 1963, in una riunione presso il Ministero della sanità presieduta dall'allora sottosegretario Santero, si decise di riconoscere che il vaccino vivo attenuato scoperto dal professor Sabin poteva essere utilizzato anche in Italia ? È un interrogativo questo che deve essere presente a noi perché in noi è ancora vivo, onorevole ministro, il ricordo di quanto accadde nel 1958 di fronte alla forma epidemica che aveva assunto allora questa malattia e all'inerzia dello Stato e alla inefficienza del
Ministero della sanità.
A questo punto io non posso, quindi, che congratularmi con il ministro Mancini per il lavoro fin qui compiuto e fargli alcune raccomandazioni per il lavoro ancora da compiere: una vigilanza effettiva e permanente sulla preparazione e sulla distribuzione delle attrezzature frigorifere necessarie al vaccino Sabin, per evitare anche in questo settore l'insorgere di fenomeni di speculazione privata. Ancora: il controllo e la sollecitazione sui comitati provinciali che devono muoversi autorevolmente, investendo l'opinione pubblica, sollecitandola a prendere atto dei rischi della poliomielite e della esigenza della vaccinazione; inoltre lo studio del problema se sia giunto il momento di passare alla obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica.
Raccomando infine una estrema chiarezza (che mancò con il vaccino Salk, di fronte al quale l'opinione pubblica fu sempre incerta se tre o quattro dovessero essere le dosi da somministrare) e una estrema
semplicità nella popolarizzazione degli indirizzi di lavoro e circa il numero (tre o quattro) delle somministrazioni necessarie.
Bisogna che ciò sia chiarito subito e con esattezza per evitare che si creino, nello sviluppo della campagna di vaccinazione, incertezze e preoccupazioni che finirebbero col paralizzare l'efficacia della
campagna stessa.
Per concludere, ribadisco la nostra sodisfazione che un ministro della delegazione socialista al Governo sia riuscito, nonostante tutte le difficoltà, a mettere in atto tempestivamente una vasta
campagna antipoliomielitica e assicuro al ministro, e quindi al Governo, la nostra collaborazione perché questa campagna possa investire tutto il paese, tutta l'opinione pubblica e perché l'Italia possa raggiungere anch 'essa quei traguardi che hanno raggiunto altri paesi, vicini e lontani, dalla Svizzera alla Nuova Zelanda, nei quali il flagello della poliomielite è scomparso e non impaurisce più i lavoratori e l'opinione pubblica.
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