C’è un celebre testo di Lacan, dal titolo praticamente intraducibile, L’Étourdit, che inizia con una frase, anch’essa celebre: «Che si dica resta dimenticato dietro ciò che si dice in ciò che si intende». Qui, Lacan distingue accuratamente i suoi tre registri: c’è “ciò che si dice”, ossia il significante, e “ciò che si intende”, il significato. E poi c’è un “che si dica”, un registro del dire che si distingue sia dal simbolico che dall’immaginario, ed è il registro del reale. Che l’uomo sia un animale che ha la parola, non significa semplicemente che sia un animale che comunica, perché questo lo fanno tanti altri animali. Il linguaggio non è un attributo, ma fa parte dell’essere dell’uomo, un essere che si realizza, che si fa reale parlando. Il linguaggio è ciò che provoca un’altra soddisfazione nel parlante, altra rispetto a quella del bisogno, ed è con questa soddisfazione che l’analisi deve lavorare, facendola emergere, estraendola, lavorandola, moderandola, limitandola.
È per questo che Lacan parlerà di linguisteria, più che di linguistica, nell’ultima parte del suo insegnamento: una linguistica sui generis, al cui interno spicca la questione isterica, ossia quella squisitamente psicoanalitica.
(Fulvio Marone)
Au cœur de la passe, les passeurs - Laure Thibaudeau
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Dal campo freudiano a quello bartezzaghiano
http://bugiadri.blogspot.com/2019/05/tanto-salvini-non-sa-fare-le-parole.html
Lacan ha cercato di dare un’altra direzione all’uso del linguaggio in psicoanalisi. Faccia parole crociate: non è solo il suggerimento che dobbiamo dare a quei pazienti che vengono a cercare da noi qualche rimedio per gli inevitabili disturbi della memoria dell’età, ma è anche il consiglio al giovane psicoanalista che Lacan pone come epigrafe della seconda parte di “Funzione e campo”. Le parole crociate, infatti, esemplificano perfettamente quella letteralità dell’Altra scena che Lacan rendeva con la sua celebre affermazione “l’inconscio è strutturato come un linguaggio”. Lacan, è noto, ha utilizzato lo strutturalismo di de Saussure, di Lévi-Strauss e di Jakobson per rileggere come saggi di linguistica alcuni testi che hanno fondato la psicoanalisi : L’interpretazione dei sogni, La psicopatologia della vita quotidiana, Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. La distinzione tra significante e significato, la traduzione delle caratteristiche particolari del sistema inconscio in termini di metafora e metonimia, il concetto stesso di struttura hanno permesso di fondare su basi scientifiche più ampie la teoria psicoanalitica.
Fulvio Marone
in http://www.psychomedia.it/isap/marone2.htm
« L’étourdit » appartient à la même mouvance théorique qui va des séminaires D’un discours qui ne serait pas du semblant de 1971, à Encore de 1972-1973, en passant par … ou pire de 1971-1972 auquel il fait suite directement. « L’étourdit » est au carrefour des trois grands thèmes qui définissent, à cette époque, la théorie lacanienne : le discours en tant que mi-disant la vérité, le rapport sexuel qui n’existe pas, et la topologie avec le nœud borroméen. La jouissance y tient la place qui lui revient, une place centrale, articulée au signifiant du manque dans l’Autre.
« L’étourdit » (que Lacan écrit avec t) dit les tours du langage. Le texte est parsemé de calembours et de néo-logismes lacaniens au service de la théorisation : Lacan rappelle que tel est le fonctionnement même de l’inconscient. Les tours deviendront les tores de la topologie, et le langage évoluera en lalangue, avec la perte du sens, d’où la jouissance. (...)
- Jouissance et discours
- La jouissance du manque dans l'Autre
(Salvini merda)
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