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martedì 20 luglio 2021

SegnalEtica

 



In Calabria siamo indietro in troppe cose e più avanti in parecchie. Ad esempio lo studio di Gianluca Seta, uno dei tanti calabresi in terra lumbard, è del 2007. Una tesi di laurea specialistica di oltre 300 pagine, redatte con la supervisione di Mario Piazza suo docente di design. Vi si può trovare una ricerca minuziosa sulla storia e i riti delle holding mafiose (mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, stidda) e delle organizzazioni terroristiche e sui relativi apparati iconografici (nel territorio come nella cinematografia), che generano un divertito e serissimo progetto di corporate image. Vale a dire uno studio di immagine aziendale che comprende marchio, logo, biglietti da visita (avvisi di pizzo), carta intestata, buste, riepilogo missioni, bilancio, inviti per nozze tra ndrine, gadget (fiammiferi, telo per la copertura del cadavere), persino una certificazione di qualità, qualcosa che molto ricorda una mappa d’indicazione geografica dei vini. Certamente le organizzazioni anonime e segrete non hanno bisogno di una identità visibile (nel senso tradizionale del marketing) proprio perché operano nell’invisibilità. Dunque lo si può scambiare per un divertissement di matrice surrealista o patafisica, per uno snobistico esercizio di stile. In realtà la ricerca di Seta è ricca di informazioni tremendamente operative: una caratteristica che non si ritrova nelle migliori tesi di area antropologica o sociologica, figuriamoci in quelle taglia&incolla. Questo succede grazie al potere di sintesi del segno grafico, oltre che ai diagrammi e alle tavole riassuntive, a una leggibilità che non è da tesi di laurea e nemmeno sugli standard della saggistica editoriale.





Ancora oggi meriterebbe una pubblicazione integrale (dott. Gratteri, non crede?). La stessa ricerca attirò l’attenzione divertita dei sostituti Tridico e D’Onofrio. Finita ben presto e per fortuna l’ora di antindrangheta, come quella di religione, e la follia di museificare ogni cosa, persino le mafie, non sarebbe male rilanciare un approccio educativo e – come dire – ludopolitico? Che vada ad affiancarsi alle emulazioni trash delle varie gomorroidi, correggendo il tiro e introducendo nuovi contenuti.

A conclusione della tesi una serie di interviste con Antonio Nicaso, Gianni Barbacetto, Renate Siebert, Pantaleone Sergi, Aldo Presta e altri, più un articolo di Augusto Cavadi su “il Dio dei mafiosi”. Una identità visiva vera e propria ovviamente non esiste ma tutti concorrono a suggerire una qualche segnaletica: Presta ricorda i cartelli stradali sforacchiati, Sergi ricorda l’aria che si respira di Giorgio Bocca, poi aggiunge “… non come fanno i gatti con l’urina che circoscrive la zona…Il territorio si segna quando arriva un’impresa pulita e gli fanno saltare l’escavatore”.


Gianluca Seta, Segnaletica, 2007

(telo copricadavere e riepilogo missione)





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