Indagine sul
sostrato erotico-tricologico dell’italietta nel catastrofico quinquennio
2013-2018
A firma
del figlio di Spartaco, ingegnere, con la partecipazione straordinaria del di
lui collega Carlo Emilio.
Feat. il lombrosico Cesarino dalla ratio estrema se
si pensa a tutto l’apotropaico antigufare e il gasteropata arcicorvare.
Dunque
il Lombroso e pure l’orgonico Guglielmo, quello esule del nubifugatore e del
nubificatore, risultarono frenologicamente
rigorosi e purissimi scienziati, imago precursive di un Grothendieck, rispetto all’antropologetica
del quinquennio. Chè pure il santissimo Tullio del Bellonci e il Semiologone Nazionale
e l’Apicella dissero che era mag-nifico comunicatore, come il primadilui
ex-cavaliere.
L’irenico pugnalatore da tergo (“stai sereno” dixit), si
perdeva nei regni infiniti del domani, in un perenne bisticcio con l’oggi che
lo doveva cominciare, proiettato verso un punto infinitamente al di là del
dopodomani, infinitamente pallidamente remoto, come il bacio dell'asintoto alla
sua curva. E fu tutto un antigufatico toccar
di palle, tant’è che col dottor Ingravallo alla Leopolda si comandò il Gran
Lombardo Satrianico, così esperto di piccio, malocchio e jettatura, che i suoi
perfidi allievi presero coralmente manco a nominarlo.
“Volendo l’aquila schernire ’l gufo, (…) rimase colli ali
impaniate, e fu dall’omo presa e morta”.
Questa favolina del gran ornitico Lionardo di ser Antonio di
ser Piero da Vinci ne mostra: che l’ischernire altrui è malo augurio per sé.
Adde: quale ha buon senno non insuperbisce ad imbecille. Ché le inopinate
catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico
motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di
depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato
tutta una molteplicità di causali convergenti.
Per tale istoria vorrei, e sarebbe il mio debito, essere al
caso d'aver dottrina di psichiatra e di frenologo di studio consumato in
Sorbona: da poter indagare e conoscere con più partita perizia la follia tetra
del fiorentino Matteo Aurelio ipocalcico dalle gambe a ìcchese: autoerotomane
affetto da bulimìa dell’ego. Frenologo non essendo, e tanto meno sifolologo,
farò icché potrò.
Lui, il ne bis in idem, secondo o terzo Racimolatore e
Fabulatore ed Ejettatore delle scemenze e delle enfatiche cazziate, quali ne
sgrondarono giù dal balcone di zinque anni durante: sulle povere e macre spalle
di una gente sudata, convocata lambruscamente a' sagrati maledetti, a' rostri
delle future isconfitte, come pure nelle Leopolde eleganti, incitate alle
acclamazioni obbligative.
Taglio corto: son renziane - o ben presto lo son divenute - e vergottinate.
E non le si sopporta.
Alessandra Moretti
Alessia Morani
Anna Ascani
Taglio lungo: c’è Lussana, apparentemente d’altra schiera. Ma il
carré molto si somiglia.
Aurora Lussana
Nunzia De Girolamo
Il carré scalato è ormai superato? Idea sbagliata. Si
reinventa a ogni stagione e conquista le donne del Piddì. E se il carré scalato è liscio si
applichi una noce di Brush Cream sui capelli umidi prima di procedere al
brushing. Parola non di Gadda ma di Jean Louis David. Per sfilato si intende un
taglio che non va a incidere sulla lunghezza del capello, quanto sulla sua
consistenza, con l'obiettivo di alleggerire e sfoltire chiome pesanti e
voluminose: “oggi Vi vedo più leonessa” disse il gomorroico tricologo riferito
a Donna Imma.
Ma quelle son di pasta
democratica e vanno al dunque. Rimpiangono forse l’era del casco d’oro, della Loretta, della Raffaella, della Caselli, della
signorina snob Franca Valeri?
Paola De Micheli
Lia Quartapelle
Nel sembiante del caschetto egiziano, corvino,
tutte a frullar quel cocco, vita natural durante a frullarlo. Ma non son Louise
Brooks o la crepaxiana Valentina e ciononostante propense, per un seggio, a
vergottinizzarsi, a matteorenzizzarsi senza vergogna. Ignare della macerazione,
come delle pere, delle nespole, anche il maturare d'una pratica. Tutte signore
«al cento per cento», con ottavino di palco alla Scala e luccicante breloque
sul «ragionativo» petto.
La Italia la era padronescamente polluta dallo spiritato: lo
spiritato l'era imperialescamente grattato e tirato a pruriggine dal plauso
d'un pòppolo di quarantaquattro milioni di miliardi di animalini a cavattappo. Dovendo
predisporre la tirannia con gli scherani e coi complici, egli cerca, seduce, assolda,
inquadra scherani maschî nelle milizie, negli uffici, e li sparge con orecchio
triplo di spia in mezzo al pòppolo.
Senonché il Poffarrenzi si preoccupò de le femmine, che lo
incupivano nel desiderio. E avvertito della importanza che le donne possono
avere nell’«organico» della famiglia e della società, col suo fiuto di furbo di
provincia sente che potrà tirare un qualche profitto dando a bere a le grulle
che talvolta le sono ch’esse pure hanno senso e capacità politica, talché poi
le donne gli vanno mugolando d’attorno col pretesto del comune amore per il
pòppolo, in realtà sospinte da una certa lor ghiottoneria ammirativa per il
virulento babbeo che regala d’amoroso guiderdone le amiche, come l’amico
Berluscone, ma insomma ne tiene a bada la vedovata lubido.
Ce n’era più che non bisognava, da far istarnazzare codeste
poche ochette. Su nella piccionaia, ne i’ colombaio, una claque delle Sofonisbe
fanatizzate. Una claque gratuita. Giù, nel cortile, un paperaio di Sofronie:
principiarono ad ancheggiargli e a deretanargli da torno, tutt’ingiro
tutt’ingiro pè pè pè pè pè pè, qua qua qua qua co’ i lor becchi spalancati e le
lingue cantanti dal gozzo, di che fuoresce talora il canto ginecofesso della
storditezza e della scemenza.
Debora Serracchiani
Anche durante un recente pranzo dai Balducci, il vispo
funzionario non poté fare a meno di notare la mandibolare Picio-Picerna (ex
stiratrice al Campus di Fisciano) e Madonna Madìa, già per tempo reclutate veltronescamente,
oltre che la nuova domestica, Assunta Serracchiapani, e una nuova «nipote di
Mubarak», il Guerini detto Gina, il cui aspetto acerbo era ben lontano dalla
procacità della precedente Virginia Boschi.
Pina Picierno
Lorenzo Guerini
Tutte a innalzare l’empirico
facendolo penetrare nell’ideale e nel simbolico. Mentre col commendator Poletti
e il prode Farinetti, l’eat-eat-hurrà italico, di professione "prosciuttofili",
in quel sacro luogo expositivo o governativo se ne stavano a promuovere
vicendevolmente il grigio sodale e tenerlo vicino a riscaldare il proprio
grigiore.
Mirelle Mathieu
Uma Thurman
Finché la titolare, quel vecchio relitto sgradevole e rozzo,
sarebbesi accorta che la sua illazione sulla First Lady non era illazione e s’incazzò.
Stufa del tempo incubante - Roma doma, Roma cova - si fiondò in sul pagliaio
delle fiducie e de' decreti sua, prima nel piede a terra dell’amico, poi nell’Agro
Romano ove renzuccio vien fulgurato a destino. Dopo che twittò “Fassina chi?”
appena in tempo bloccato sul “Landini chi?” essendo lo stolto immemore del
cognome de la mujer perfecta.
Senonché l'Agnese era di quelle meravigliose donne pontassievesi
che estrinsecano la propria forma mentis nel postulare dovunque e davanti a
chiunque la certezza della propria infallibilità e dunque impose al suo
volenteroso ometto di tornarsene a Tor di Gheppio quanto prima.
Rihanna
Ma la volizione del volitivo giovane
involveva già del suo velle la fuggitiva labilità degli eventi. Conciossiacosaché
fringuellò ancora con quel tono, e, più, quel carattere duramente ingiuntivo o
addirittura imperatorio che solo si addiceva agli "homines
consulares", agli "homines praetorii" del neo-impero in cottura.
Chi è certo d'aver ragione a forza, nemmeno dubita d'aver torto in diritto. Chi
si riconosce genio, e faro alle genti, non sospetta d'essere moccolo male
moribondo, o quadrupede ciuco.
Oh Pippo, cche tte ne vai con le Narrazioni di Terlizzi? E
non sarebbe orrore sesquipedale ignorare i pentastellati propriora che da più
lune il grullo ha preso a ragionare meno cinobalanicamente e il Bersano se ne
va, nella sua parlata ciabatta, a smacchiar leopardi nel Maragadàl, paese di non molte risorse.
Non sarebbe bene prepararsi politecnicamente
alla vita vera?
E tutto si conchiuse in una fede e la fede in una formula:
«Che sarebbe mai la nostra povera Italia senza quell’omo! Vie’ a mmagnà Civatì
ch’è pronto. Viette a strozzà, Civatì, si no se fredda.».
Gli italiani, generosissimi in tutto, non sono generosi
quando si tratta di pensare.
L'italiani sono di simulato sospiro.
riceviamo da Giorgio Franco:
RispondiEliminaEravamo bambini e c'ispezionavano i capelli, illudendoci che se ci fossimo sottoposti a tosature con macchinette spuntate, che ad ogni giravolta, lasciavano sanguinolenti testimonianze di sé, ci avrebbero gratificati appellando la nostra capigliatura ad un'eredità umbertina.
Non facemmo in tempo ad uscire dal liceo e ci consentirono di coltivare zazzere e frangette, immemori di pidocchi postbellici, che avevano reso insonni madri, nonne e zie zitelle. Stirateli i capelli, c'ingiunsero, pena il confondere i vostri riccioli con i confinanti africani. I vecchi bollarono il nuovo style "sfumatura alla deficiente", ignari del conto che avrebbero dovuto pagare di lì a poco ed ecco il sessantotto, venerato e contrabbandato da settantenni irredenti, deriso e demonizzato dai "matusa": capelloni, sudici e maleodoranti, scostumati e inaffidabili, disobbedienti e cinici, ignoranti e presuntuosi e ...
noi comunque orgogliosi di non aver mai optato per la rasatura a zero a testa di c****, "come il priapesco trimalcionico che impera oscenicamente"