(cfr. post di venerdì 1 maggio)
Merito alle calviniane riflessioni su ciò che negli anni novanta veniva rubricato nella categoria pubblico/privato.
Mia madre leggeva la piccola vedetta lombarda a me bambino di non più di cinque anni nel '48, lei orfana di un disperso della grande guerra. Eravamo nella veranda illuminata da un sole che filtrava da vetri multicolori, che lei aveva voluti in quella ricostruzione postbellica. La lusingava una fiducia ingannatrice, che di lì a qualche anno me l'avrebbe strappata, depositandomi una ferita inguaribile che si allarga con gli anni.
Una targa in quella veranda che non esiste più?
Sarebbe come involgarire un ricordo che diventa emblematico per chi l'ha vissuto e forse per chi ne sta leggendo.
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