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venerdì 17 aprile 2015

Lettera risentita, di Giorgio Franco

LETTERA RISENTITA (non nel senso di sentita 2 volte) 
INDIRIZZATA A MASSIMO CELANI  REO DI AVER INVOLGARITO, 
ATTRAVERSO UN ARTICOLO APPARSO SUL QUOTIDIANO DEL SUD DEL 16 APRILE, CON UNA IPERIFLESSIONE IN  UNIVERSITARESE LA SACROSANTA FILIPPICA CONTRO I  “LOGOTECNOCRATI” DELLA LETTURA E LORO PALAFRENIERI

Tu dici che per conoscere le ragioni delle scarse letture degli Italiani e le necessità dei lettori cosiddetti deboli bisogna guardare volti e/o semplicemente scrutare tra il parlare, parlottare e parlamentare di politici. 

Aggiungi non senza cognizione di causa che a coloro cui è demandato (ma poi da chi?) il dovere di leggere con competenza e perizia, difettano, si fa per dire, intelletto e passione. E passi ad accusare con una giravolta ardita e pericolosa tutti quelli che in questi giorni si cimentano per convogliare curiosità e tempi di giovani e attempati verso l’universo del cosiddetto sapere, che la impazienza dei media ha sintetizzato ricorrendo alle modalità sloganistiche imperanti (ahivoi!). Va soggiunto che, come è tuo solito, ti trovi a confezionare ordigni che potrebbe deflagarti tra le mani (tu che per ora non hai ancora scelto di iscriverti nella lista degli aspiranti Kamikaze Isis) e sei costretto a proclamare senza molta convinzione, tu, cui manca la scaltrezza canagliesca degli imbonitori di mestiere, che bravi son solo quelli della Città dei ragazzi. 



E chi ti vuole male non sottace che l’assoluzione per questi ultimi potrebbe costituire un obbligo familiare, visto che tra gli organizzatori della Città dei ragazzi figura e giganteggia  la francesista Marina Machì che  risulta non solo all’anagrafe tua gentile consorte, anche se ininfluente consigliera visto che la sua saggezza, la sua sagacia, il suo fervore operativo poco s’apprendono al tuo rigurgito universitarese, che dilaga nella seconda parte dell’articolo.
Ma tu, Massimo, a vedere ciò che è accaduto alla Città dei ragazzi, non sei venuto: è questo che ti costringe a lanciare anatemi e scomuniche accanto a benedizioni e assoluzioni.  La verità è questa: alla Città de ragazzi c’erano scenografi che tratteggiavano e coloravano uno spazio pavimentato, scienziati che sperimentavano le ragioni della Fisica, divulgatori che sottolineavano le contraddizioni della cibernetica, teatranti che raccontavano i retroterra di uno spettacolo. E tutto lo facevano con la partecipazione dei bambini, quella vera, non quella pilotata e fittizia di molta scuola. Questa è la ragione della fecondità di esperienze ospitate dalla Città di ragazzi e questo andava detto e raccontato da parte tua.



Ed inoltre: in merito all’iniziativa “io leggo perché” martedì 21 aprile nello spazio antistante la libreria Feltrinelli di Cosenza gli studenti del liceo Telesio attaccheranno post-it con le frasi che essi reputano emblematiche (o sintomatiche?) della loro esperienza di vita, chiederanno e si chiederanno all’interno della libreria e lungo corso Mazzini le ragioni del leggere ma anche i motivi del non leggere; lo faranno cantando, contaminando, provocando, consapevoli che la scuola, l’università, i corsi di scrittura, hanno senso solo se c’è curiosità, partecipazione, interesse, ciò che un tempo si etichettava come Dialettica (con la D maiuscola). E a nulla valgono “io leggo perché”, “nati per leggere”, “la città dei ragazzi” se non c’è “ammuina”, occasioni di casi che diventino pure “casino”, parlare, ridere, chiacchierare, scazzarsi come si diceva un tempo. Perché leggere, last not least, diventi una delle tante modalità per stare insieme.
L’esperienza di “io leggo perché” l’abbiamo già fatta, Massimo, a Paola con gli studenti dell’Alberghiero e del Commerciale turistico e non puoi immaginare l’entusiasmo, l’interesse, la partecipazione di studenti, di insegnanti, di amministrativi, dei presidi. E questo non ti dice nulla, Massimo?
Peccato! Nella seconda parte del tuo articolo ti rifuggi (scusami, ma non so usare altro verbo, io che ho tanta stima di te) nell’universitarese, quella gergalità consunta e consueta in alcuni contesti che confido venga inserita tra le patologie oncologiche, cui spetterà, unica nella graduatoria, l’aggettivo di incurabile.

P.S. I convegni sulla lettura che, con l’intento di invogliarne la pratica, ne scongiurano l’attenzione? Ma quelli riguardano il tuo mondo, non quello di noi modesti operatori delle quotidianità scolastiche (ovviamente non scolasticistiche)

Con affetto


Giorgio Franco


1 commento:

  1. Di solito poco mi condivido e spesso mi deflagro da solo. Però non ho affatto sostenuto che "bravi son solo quelli della Città dei ragazzi" (non è nel mio stile) ma che era una ghiotta occasione per porre la questione a quelli bravi come Scaramuzzino ...(che stava per un "tra quelli più esperti, navigati, saggi" degli ospiti di B-Book. Vedo però che l'età non Vi vaccina dai fischi per fiaschi, Per attribuirmi un vizio o un semplice vezzo familistico, bisogna veramente volermi molto ma molto male. Vussurìa dovrebbe sapere che ho una sorella psichiatra e un fratello architetto (peraltro bravini) che mai mi sognerei di consigliare al mio peggior nemico. Quanto alla mugliéra, la mia peggio ferocia intellettuale è quasi interamente a lei dedicata. Insomma, professo' ...avìti sbagliato purtune! Ma Vi voglio bene lo stesso. Anche perché avete capito benissimo che questa, dell'allucco veloce e condominiale, è una delle poche strade editoriali alla nostra portata. Scasciu meu!

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