“Il diritto ottiene il passaporto del sacro”, scrive Pierre
Legendre, in Godere del potere. Trattato
sulla burocrazia patriota, Marsilio, 1977. La credenza istituzionale, per
quel che riesce a tenere insieme, ha qualcosa d’incredibile. La cosa ha del ridicolo. Ognuno infatti crede a questo
incredibile e ciò basta affinché ciascuno continui a crederci. L’istituzione è
innamorata dei propri cadaveri e li produce tali per innamorarsene. “Se non la
smetti ti cucio la bocca”: metafora illuminante del principio secondo cui
occorre impedire che un morto parli: siccome un cadavere non risuscita se non
rispondendo quando viene chiamato per nome, è importante impedirglielo. Perciò
talvolta gli si chiude la bocca. [1]
Cfr. Erich Fromm, Anatomia della distruttività umana. Cap.
11: Aggressione maligna. Crudeltà e distruttività.- Distruttività apparente.-
Forme spontanee (: La documentazione storica; Distruttività vendicativa;
Distruttività estatica; Idolatria della distruttività; Kern von Salomon: un
caso clinico di idolatria della distruzione).- Il carattere distruttivo: il
sadismo (: Esempi di sadismo-masochismo sessuali; Giuseppe Stalin: un caso
clinico di sadismo non-sessuale; La natura del sadismo; Le condizioni che
generano il sadismo; Heinrich Himmler: un caso clinico di sadismo
anale-accumulatore). Cap. 12: L'aggressione maligna: la necrofilia. - Il
concetto tradizionale.- Il carattere necrofilo (: Sogni necrofili; Azioni
necrofile «involontarie»; Il linguaggio necrofilo; Il nesso fra la necrofilia e
il culto della tecnica).- Ipotesi sull'incesto e sul complesso di Edipo.- Il
rapporto fra gli istinti di vita e di morte freudiani con biofilia e
necrofilia. - Princìpi clinici/metodologici. Cap. 13: Aggressione maligna:
Adolf Hitler, un caso clinico di necrofilia. Osservazioni preliminari.- La famiglia di
Hitler e i primi anni (: Klara Hitler; Alois Hitler; Dall'infanzia all'età di 6
anni (1889-1895); L'infanzia dai 6 agli 11 anni (1895-1900); Pre-adolescenza e adolescenza:
dagli 11 ai 17 anni (1900-1906); Vienna (1907-1913); Monaco).- Un commento
sulla metodologia.- La distruttività di Hitler(: Repressione della
distruttività).- Altri aspetti della personalità di Hitler (: I rapporti con le
donne; Attitudini e doti naturali; Vernice; Mancanza di volontà e di realismo).
Epilogo: Sull'ambiguità della speranza.
Questo è l’indice del primo volume di un'opera complessiva
sulla teoria psicoanalitica. Ho cominciato con lo studio dell'aggressione e
della distruttività, perché, oltre ad essere uno dei problemi teorici fondamentali
della psicoanalisi, è anche uno dei più rilevanti sul piano pratico, come
dimostra l'ondata di distruttività che sommerge il mondo. Quando mi accinsi a
scrivere questo libro, oltre sei anni fa, sottovalutavo moltissimo le
difficoltà che avrei incontrato. Ma ben presto mi accorsi che non era possibile
studiare a fondo il problema della distruttività umana rimanendo entro i limiti
del mio settore di competenza specifica, ossia quello della psicoanalisi. Per
quanto il mio studio fosse essenzialmente di indirizzo psicoanalitico, avevo bisogno
di una certa conoscenza di altre discipline, particolarmente della
neurofisiologia, della psicologia animale, della paleontologia e dell'antropologia,
per evitare di lavorare secondo uno schema di riferimento troppo limitato, e
quindi anche fuorviante.
"Le generazioni peggiorano sempre più. Verrà un tempo
in cui saranno talmente maligne da adorare il potere; il potere equivarrà a
diritto per loro, e sparirà il rispetto per la buona volontà. Infine, quando l'uomo
non sarà più capace di indignarsi per le ingiustizie o di vergognarsi in
presenza della meschinità, Zeus lo distruggerà. Eppure, persino allora, ci
sarebbe una speranza, se soltanto la gente comune insorgesse e rovesciasse i
tiranni che la opprimono".
Mito Greco sull'Età del Ferro.
Il successo e la popolarità delle idee di Lorenz ricevettero
un grande impulso con la diffusione dell'opera, redatta precedentemente, di un autore
di formazione molto diversa, Robert Ardrey ("African Genesis", New
York 1961 (1-A) e "The Territorial Imperative" e, New York 1961).
Ardrey, che non è uno scienziato, ma un drammaturgo di valore, ricompose
diversi dati sull'alba dell'umanità in un messaggio eloquente, anche se molto
prevenuto, che doveva dimostrare che l'aggressività dell'uomo è innata. Alle
sue opere seguirono quelle di altri studiosi di etologia, "The Naked
Ape" (New York 1967) (1-B) di Desmond Morris e "Liebe und Hass"
(Monaco 1970) (1-C) del discepolo di Lorenz, I. Eibl-Eibesfeldt.
A esprimere in forma letteraria lo spirito della necrofilia
nel suo "Manifesto futurista" del 1909. La stessa tendenza emerge in
gran parte dell'arte e della letteratura degli ultimi decenni, ostentatamente
affascinata da tutto ciò che è putrefatto, non-vivo, distruttivo e meccanico.
Il motto falangista «viva la muerte» minaccia di diventare il principio segreto
di una società in cui la conquista della natura ad opera delle macchine
costituisce il significato stesso di progresso, e in cui la persona umana diventa
un'appendice della macchina. Questo studio tenta di chiarire la natura della
passione necrofila e le condizioni sociali che tendono a incoraggiarla. La
conclusione sarà che un rimedio in senso lato potrà prodursi soltanto
attraverso cambiamenti radicali nella nostra struttura politica e sociale, tali
da reintegrare l'uomo nel suo ruolo supremo all'interno della società. Il motto
«legge e ordine» (piuttosto che vita e struttura), la richiesta di punizioni
più severe contro i criminali, come l'ossessione per la violenza e la
distruzione che caratterizzano certi «rivoluzionari», sono soltanto ulteriori
esempi della potente attrazione che la necrofilia esercita sul mondo
contemporaneo. Abbiamo bisogno di creare le condizioni adatte perché la
crescita dell'uomo, questo essere imperfetto, incompleto - unico nella natura –
diventi l'obiettivo supremo di tutti gli ordinamenti sociali. La libertà genuina,
l'indipendenza, la fine di ogni forma di controllo e di sfruttamento sono le
premesse indispensabili per mobilitare l'amore per la vita, l'unica forza che
possa sconfiggere l'amore per la morte.
Lorenz si spinge persino oltre con queste analogie fra
comportamento animale (o l'interpretazione che egli ne fornisce) e i suoi
concetti ingenui sul comportamento umano, come in questa dichiarazione
sull'amore e l'odio negli uomini: «Un vincolo personale, un'amicizia
individuale si trovano "soltanto" negli animali con un'aggressione
intra-specifica altamente sviluppata, anzi, questo vincolo è tanto più saldo quanto
più aggressiva è la rispettiva specie animale». (K. Lorenz, Milano 1969.)
Finora niente da obiettare; prendiamo pure per buone le osservazioni di Lorenz.
Ma, a questo punto, egli salta al regno della psicologia umana; dopo aver
dichiarato che l'aggressione intraspecifica ha milioni di anni di vita in più
rispetto all'amicizia personale e all'amore, ne conclude che «"non c'è
amore senza aggressione"». (K. Lorenz, Milano 1969. Il corsivo è mio.)
Questa dichiarazione alata, non sostenuta da alcuna prova per quanto riguarda
l'amore umano, ma contraddetta dalla maggioranza dei fatti osservabili, è
completata da un'altra dichiarazione che non riguarda l'aggressione
intraspecifica, ma «"l'odioso fratello minore del grande amore"»,
l'odio: «Diversamente dall'aggressione comune, esso è diretto contro un
individuo, proprio come l'amore, e probabilmente "esso ha come presupposto
la sua presenza": uno può veramente odiare soltanto quando ha molto amato
e ama ancora, anche se lo nega». (K. Lorenz, Milano 1969. Il corsivo è mio.) E'
un luogo comune che l'amore spesso si trasformi in odio, anche se sarebbe più
esatto dire che non è l'amore a subire questa trasformazione, ma il narcisismo
ferito della persona che ama, e cioè che è il non-amore a causare l'odio.
Pretendere invece che si possa odiare soltanto se si è amato, trasforma
l'elemento di verità contenuto nella dichiarazione in una vera e propria
assurdità. Si può forse affermare che l'oppresso odia il suo oppressore, che la
madre odia l'assassino di suo figlio, che il torturato odia il suo aguzzino
perché una volta l'amavano o l'amano ancora? Un'altra analogia viene ricavata
dal fenomeno dell'«"entusiasmo militante"»: «E' una forma
specializzata di aggressione di gruppo, chiaramente distinta, eppure connessa
funzionalmente alle forme più primitive di aggressione individuale di
importanza secondaria». (K. Lorenz, New York 1966.) E' una «sacra usanza», che
deve la sua forza di motivazione a schemi di comportamento evolutisi
filogeneticamente. Lorenz asserisce che «non c'è da dubitare che l'entusiasmo
umano militante si sia evoluto da una reazione difensiva di gruppo dei nostri
antenati pre-umani». (K. Lorenz, New York 1966.) E' l'entusiasmo condiviso dal
gruppo che si difende contro un nemico comune. "Ogni uomo sufficientemente
emotivo conosce l'esperienza soggettiva che procede di pari passo con la
reazione in questione. Consiste in prima linea nella qualità della sensazione
nota come entusiasmo; inoltre un «sacro» brivido corre lungo la schiena, e,
come si constata ad una più precisa osservazione, anche lungo il lato esterno
delle braccia, ci si sente strappati da tutti i legami del mondo ordinario,
innalzati, pronti a piantare e lasciar tutto per seguire il richiamo del sacro
dovere. Tutti gli ostacoli che si frappongono al suo raggiungimento perdono
significato e importanza, le inibizioni istintive a danneggiare e uccidere i
compagni di specie perdono disgraziatamente molto del loro potere.
Considerazioni razionali, ogni critica e ragioni contrarie, che parlano contro
il comportamento dettato dal travolgente entusiasmo, vengono messe a tacere dal
fatto che una curiosa inversione di tutti i valori le fa apparire non soltanto
insostenibili, ma addirittura basse e infamanti. L'uomo può provare un senso di
assoluta integrità anche a commettere atrocità. Il pensiero concettuale e la
responsabilità morale sono al livello più basso del loro declino. In breve,
come dice meravigliosamente un proverbio ucraino: «Quando sventola la bandiera,
la ragione è nella tromba»". (K. Lorenz, Milano 1969.)
Tutte le biografie di Vladimir Putin contengono un aneddoto
della sua infanzia che ben descrive il personaggio. Da bambino viveva in uno
degli squallidi complessi di case popolari disseminati nell’Unione Sovietica e
nell’Est Europa. Tra i pochi divertimenti c’era la caccia ai topi che
infestavano gli edifici. Il bambino Putin era particolarmente bravo a
catturarli perché aveva capito come funzionava la loro psicologia quando
percepivano di essere una preda. Nei ricordi di quegli anni c’è la caccia al ratto,
al topo grosso, l’incontrastato topo alfa. La cosa da non fare per catturarlo,
racconta Putin, è metterlo all’angolo perché nel momento in cui percepisce di
non avere più via d’uscita, il ratto ti si rivolta contro e ti attacca.
Freud, dal canto suo, non si occupò principalmente delle
psicosi, ma sostenne che condividevano con le nevrosi funzioni e meccanismi
fondamentali. La psicosi allucinatoria è originata da idee intollerabili che,
rifiutate dall’Io, riemergono tendendo al soddisfacimento “allucinatorio” del
desiderio.
Freud sosteneva che per i nevrotici il meccanismo difensivo
centrale fosse la "rimozione”, cioè la repulsione da parte dell’Io o del
Super-Io di rappresentazioni incompatibili con le proprie esigenze. Mentre per
le psicosi introdusse, nel 1896, il meccanismo della “proiezione” intesa come
misconoscimento della realtà interna, operazione attraverso cui il soggetto
localizza fuori di sé, in persone o cose, ciò che rifiuta o non riconosce come
proprio.
(…) Il delirio paranoico è il fallimento del resistere alla
resistenza. Tratteggiata dalla psichiatria dei primi del novecento come la
caricatura deficitaria della “normalità”, la paranoia non fa che sottolineare i
paradossi della “personalità realizzata”. Lacan giunge a dire che la paranoia
non ha nessun rapporto con la personalità in quanto sono la stessa cosa. (…)
Successivamente la psichiatria ha definito la paranoia una forma particolare di
quel quadro clinico che Eugen Bleuler faceva derivare da una scissura (Spaltung) patologica del pensiero: la
schizofrenia. Da questa considerazione possiamo cogliere come la paranoia sia
estromessa dalla nosografia psichiatrica in quanto viene assimilata alla “normalità”
che Lacan, non senza umorismo, definisce una psicosi “ben riuscita”.
[1] A. Métraux, il Vodu haitiano, Einaudi, 1971, p.283
Giancarlo Ricci, L’amore
del tiranno. Psicanalisi e istituzione, Marsilio, 1978