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lunedì 5 luglio 2021

« Bonjour, est-ce que vous êtes poète? Désolé de vous déranger! » « Ah, non, je ne suis pas poète. »

 

    • Voilà, à force de te mettre là à écrire, ça arrive. « Bonjour, est-ce que vous êtes poète? Désolé de vous déranger! » « Ah, non, je ne suis pas poète. » « Ah, parce que je vous ai vu écrire… » « Ah, non, je fais des notes que pour moi. » « Et vous n’êtes pas d’ici? J’ai vu que vous n’êtes pas d’ici. » [è da quando eri di qui che la gente pensa che tu non sei di qui, anche a casa tua tutti a chiederti la prima volta se parli italiano e se capisci la nostra lingua; sembra che tu sia sempre stato d’ailleurs senza mai sapere da dove vieni, di dove sei, quale sia la tua lingua. Avant il y avait les yeux, e adesso ici l’accento, è ora questo e ora quello, t’es d’ailleurs quoi, c’est ça. E se fosse questo il problema, fosse la lingua e non les sentiments qu’on dit malamente come tosse che non si lascia dalla gola e che fa lacrimare] « Non, je suis italien. » « Moi, je suis français, ou bien algérien de France. » Toi, t’aurais voulu dire que t’es calabrais d’Italie, que t’es ici et ailleurs. Il part en te souhaitant buon coraggio. Il te laisse seul à nouveau.


  • @Stoïan Stoïanoff-Nenoff (...) Non si tratta qui che della condizione dell'intellegibilità del discorso tenuto sul divano, ma all'analista resta tutto da imparare sui modi di utilizzare altri tipi di ordini, colpiti dall'interdetto lanciato in nome della monocaudalità de "lalingua", per far scoppiare la parola verso queste permutazioni* in grado di far oscillare il mondo sulle sue basi. Il bilinguismo rende folli, a quanto pare, secondo certe statistiche, come pure la pratica della psicanalisi o quella della matematica. Ma se la multidimensionalità dei codici del linguaggio è l'ultimo rifugio dell'umano, allora è folle chi rinchiude la propria parola in una lingua morta anche se quello è l'ultimo atto con cui cerca di farsi capire. Serva di avvertimento a coloro che, siano essi semiotici o no, son assillati dal demone della monocaudalità e del razzismo della lingua perfetta o dell'atto puro, cioè dell'ineffabile.


    *In francese gioco tra "permutations" e "père-mutations" Stoïan Stoïanoff-Nenoff, Saint Boole e Blanco 'Matt, in "Vel. Associazioni psicanalitiche e formazione degli psicanalisti", Marsilio, 1977, traduzione di Marco Focchi.

    TURI-CAPEESH



    Turi - Another Story




    Per Sergio Finzi “la semeiotica da cui si riconosce una nevrosi 

    traumatica di guerra in tempo di pace non sono le espressioni 

    linguistiche o comportamentali dei pazienti, i lapsus, le azioni 

    sintomatiche, ma determinati aspetti e vicissitudini della luce e 

    dei colori”, a conferma del fatto che c’è stato un passaggio 

    dall’Inc, che è di parola, all’Es, dei colori. Una delle 

    caratteristiche dei sogni dei nevrotici di guerra in tempo di 

    pace è infatti il ruolo giocato dalle forme e dai colori. Finzi ha 

    rilevato una marcata presenza di note coloristiche, di rimandi 

    alle tinte e alle sfumature e, inoltre, anche la presenza di 

    forme, come strisce e macchie che, senza una particolare 

    teoria, non sono di per sé in grado di dirci nulla: “Vengono 

    descritte con precisione le tinte, ma sarebbe meglio dire le 

    mezzetinte, le sfumature, le nuances; e le forme pure vengono 

    tratteggiate con estrema accuratezza”. (...)


    Descrivi l'aroma del caffè! - Perché non si riesce? Ci mancano le parole? E per che cosa ci mancano?- Ma da dove viene l'idea che una descrizione siffatta debba essere possibile? Non hai mai sentito la mancanza di una descrizione del genere? Hai cercato di descrivere l'aroma del caffé senza riuscirci? (...) Se non è possibile raccogliere la sfida di Wittgenstein e descrivere l'aroma del caffè è però possibile contornarlo. Per esempio raffigurandolo con il disegno di una nuvoletta che si leva dai bordi della tazzina. (...) il contorno non è ciò che sta, come una pellicola invisibile, alla periferia delle cose, assicurandone così la coerenza e la tenuta, ma ciò che le penetra e le scinde. 

    Detto altrimenti: il contorno non circonda ma attraversa la cosa.
    Sergio Finzi, Silhouettes, in "Forme di sapere e forme di vita", 
    a cura di Virginia Finzi Ghisi, Dedalo libri, 1981

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