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venerdì 1 maggio 2015

Le cose da ricordare, di Alessandro Chidichimo e Massimo Celani

Del ricordare nella nostra città

di Alessandro Chidichimo


Cari amministratori della città avete vinto, mi arrendo. 

Una settimana fa avete affisso una targa nella città vecchia per ricordare una fiction televisiva (così si chiama) di cui una parte fu girata nella nostra città. Da una settimana mi sforzo di pensare a un'argomentazione che possa essere sagace, far capire, spiegare l'inutilità e la pericolosità dell'insegnamento su cosa ricordare e cosa dimenticare che date ai cittadini in virtù della vacuità a cui date campo libero invadendo le strade della città "a futura memoria" come ho letto in alcuni comunicati prodotti da giornalisti compiacenti; da giorni penso a cosa scrivere per farvi fare marcia indietro, per convincere i cittadini a protestare, a chiedere di più da voi, a pretendere di più per la nostra città e così via. Credevo e speravo in questi giorni di attesa che qualcun'altro avesse fatto il primo passo, qualcuno migliore di me tra i tanti che ci sono. Ho letto in internet alcuni amici che si sono lamentati. Poi credevo che qualcuno dei cattedratici, qualcuno degli intellettuali, o almeno dei docenti che passano per la città, quelli che hanno potere e posizioni, che autorizzano la cultura ufficiale, prendesse la parola non spero per interdire moralmente e prendere le distanze - perché come si sa gli intellettuali e il potere sono culo e camicia - ma almeno per dire qualcosa al riguardo, per consigliare di dedicare targhe, se proprio si deve fare, ad altro, altri avvenimenti passati. Ma niente da fare, purtroppo altre occasioni andate perse. Allora mi ci sono rimesso a pensare. Ma niente, malauguratamente, non ce la faccio, è come voler discutere del mondo fuori dall'acqua con un pesce. Vedete, sono così tanto disarmato che non mi riescono nemmeno le similitudini. Mi sembra peggio della svista di qualche mese fa quando sulle facciate del depliant per promuovere l'immagine della città avete messo da un lato un saccheggiatore e dall'altro un gerarca nazista. Questo avvenimento è così insulso che chiude qualsiasi tipo di possibile discussione. Ho pensato che potremmo discutere del valore della vostra scelta. Ho cominciato a valutare sulla vostra stessa presa di posizione, come dite voi nella prospettiva di una "hollywood calabrese", se non ci fossero altri eventi del mondo dello spettacolo che avrebbero avuto pari dignità e che sarebbero stati interessanti segnalare e di certo più importanti di una fiction televisiva [fate una lista di cosa ricordate di meglio di questa fiction secondo i vostri gusti]. Ho pensato di discutere il valore che potrebbe avere per il futuro cittadino che si troverà di fronte a tale marca sulla pelle della città e per i futuri visitatori che valuteranno la cura della memoria della città attraverso le scelte fatte dai cittadini. Vedete, cosa conservare, cosa ricordare, cosa lasciare andare nella dimenticanza, è frutto di scelte, non è il caso che organizza la memoria. Ma mi sembra difficile spiegarvi tale argomento. Allo stesso modo ho pensato che infine mi date argomenti maggiori per spiegare ai miei amici le ragioni per cui quando torno in città, sento che di pari passo ai molti cantieri in corso per costruire la città sta diventando sempre più rozza. Ma appunto questo non è un argomento che potrebbe interessarvi. A chi scrivere allora e cosa scrivere? Non a voi, che ormai avete vinto e che mi lasciate senza argomenti, ma forse ai miei concittadini, forse per loro c'è ancora speranza, ci sono ancora cose da dire.

LE COSE DA RICORDARE 

Cari concittadini, abito lontano da qualche anno, ma ritorno spesso in città. Negli ultimi tempi qualcuno vorrebbe dirvi cosa i vostri occhi devono tenere a mente indicandovi per mezzo di una targa su un muro un evento del tutto insulso per la vostra vita e per la vostra memoria. Io credo che quando camminate per la città, giorno dopo giorno, per tutta la vostra vita a volte, vi ricordate cose che sono legate intimamente alla vostra vita. Dove avete incontrato vostra moglie per la prima volta, dove avete imparato ad andare in bici, dove camminavate con vostro padre, dove abitavano i vostri nonni, dove andavate a scuola, dove vi abbracciavate con i vostri amori, dove aspettavate che lei esca per poterla vedere solo un momento e poterle parlare e dirle che la amate ancora e che è stato uno sbaglio e dovete stare ancora insieme, dove lui vi veniva a cercare per portarvi a fare l'amore, dove avete visto il primo concerto, dove vostro figlio imparava a camminare, dove il sole batteva forte quel giorno pieno di tristezza, dove lavoravate, gli angoli nascosti da cui potete osservare la città senza colpo ferire, in pace, la vostra panchina preferita, dove andavate a giocare al calcio, dove le sere troppo calde d'estate sentivate l'odore del forno in fondo alla strada che il fornaio spalancato l'uscio inondava il quartiere con l'odore di pane, dove avete il vostro albero preferito, dove incontraste il vostro peggiore nemico, dove avete scoperto un segreto, dove vostra madre vi prendeva per mano e voi vi sentivate al sicuro, dove avete riso con gli amici che vi aspettavano sempre nello stesso posto, dove le lumache attraversavano la strada mentre le donne chiamavano gli uomini nelle carceri, dove avete perso amicizie, amori, pensieri, dove avete tradito, i vostri rammarichi, dove avete imparato, conosciuto, vissuto, creduto, sperato, saputo che ci sono cose che non si possono dimenticare e altre che preferireste non avere mai vissuto, tutto questo e ancora di più, tutte le cose che fanno la vostra vita e quelle che non ne hanno mai fatto parte ma che avete visto essere parte della vita di altri, a fianco a voi, vicini, concittadini, fratelli, tutte queste cose non vorreste mai che siano dimenticate, tutte queste cose che vorreste che siano dimenticate, tutto ciò fa parte della vostra vita vissuta in questa città, dove lei/lui vi teneva la mano e ancora ne sentite la dolcezza. Di questo non ci sono segni sui muri, ma sono sicuro che i segni che vedo sui vostri visi hanno a che fare con tutto ciò che è successo per queste strade. Direte retorica, dico rispetto. Dovremmo pretendere rispetto per questa città che è la scenografia della nostra memoria e dove preferiremmo vedere targhe dove ci sia scritto: "In questa strada Mario ha incontrato Francesca per la prima volta. Hanno abitato nella nostra città per tutta la vita. Si sono amati, hanno avuto tre figli." "Qui Luca, che aveva 8 anni, ha imparato ad andare in bicicletta. Suo padre che sarebbe morto poco dopo lo teneva per non farlo cadere. Luca ricorda l'odore del padre dietro la nuca." "In questa scuola Luigi ha incontrato Andrea. Sono ancora amici. Sono passati vent'anni". E così via con targhe vuote per futuri ricordi. Continuate voi, perché già io mi chiedo perché sto scrivendo e sarà meglio andare a vedere un amico, andiamo a sederci sulla nostra panchina preferita, è piena di erbacce, ma la vista che si gode da lì e le sue parole sono balsamo per la mia memoria.



Cosenza, con o senza
di Massimo Celani

Antonio Barbieri, scrittore
Piero Cusato, musicista
Raffaele De Luca, poeta
Angelo Fasano, poeta
Enzo Filippelli, musicista
Maria Gentile, giornalista
Francesco Grimaldi, studente universitario
Gegé Guido, musicista
Gianni Leo, attore
Marco Lorenzon, calciatore
Adele Pisciotta, musicista
Giampaolo Principe, musicista
Maurizio Spinelli, pittore
Stefano Valentini, coreografo

Loro, i morti
Io, per esempio, verso sera vado in piscina 
a spersonalizzarmi un po’.
Si può dormire solo se neutri.
Laura Betti

Son nato a Cosenza nel 1956. E sopravvivo. Loro invece sono morti. Si può confessare così esplicitamente, senza passare per cinici, un confronto-differenza, una relazione? Non posso dire nemmeno che siano i “miei” morti. Non posso annettermeli. Con alcuni avevo legami di amicizia, altri li ho appena sfiorati. Giusto il tempo d’intendere che con o senza di loro la differenza ci sarebbe stata, che si sarebbe avvertita. Non si tratta dunque del “corteo degli amici”, così nobile e così partecipe, di cui parlava Roland Barthes: “io vivo per loro, essi vivono nella mia testa”. Non ostento intimità, non faccio il talent scout del dipoi o l’headhunter aprés coup, non credo di essere nemmeno particolarmente perspicace, ma sono morti troppo presto e me li porto da troppo tempo in tasca.
In buona parte cosentini, alcuni di loro erano scappati ben presto, qualcun altro, al contrario, qui aveva fatto tana. Alcuni li ho incontrati di sfuggita, dunque ne so poco e manco mi va di documentarmi. Non sono cold case, loro, e non ho fatto indagini. Anche perché documentarsi avrebbe voluto dire infliggere, ai familiari e ai veri amici, tormenti e aspettative (saranno forse la stessa cosa?).
Adele e Stefano li ricordo appena. So solo che una suonava l'arpa e l’altro il proprio corpo. E che erano bravi.
Altri sono stati miei amici. La perdita è stata un disastro. Con molti ho dovuto fare i conti, elaborare il lutto di quegli astri mancanti, di quei buchi neri improvvisi. Non sono uno storico, un astrofisico e – spero -nemmeno un poetastro; non faccio il critico, dunque non sta a me soppesarne il valore, ma ne misuro il peso in termini etici, estetici e di civiltà. Mancanza, bilancia senza piatto, direte voi ”mi ci ficco?”. Errore: cerco solo di dimenticarli meglio. Non mi sento custoditi da loro, anche se quella dell’angelo è una bella figura, un bel mestiere. Non rappresentano un pantheon: diciamo solo che è il mio parlamento. Erano tutti così votabili: eleggibili senza poter mai essere eletti.
Non m’interessa quando sono nati e come e quando sono morti. Con nonchalance me li porto addosso. Sono da qualche parte nelle mie tasche. Sono assenti, non credo siano essenze ma comunque son leggeri, son chili che vengono a mancare, pesi – per la polis – negativi. Mancando, credo sia legittimo avvertirne il peso in termini di occasioni perse e nostalgia. Credo che una città decente dovrebbe serbarne almeno un’oncia di ricordo. Per una logica del tempo e non di scambio, quella volgarità che ci ha condotto a cancellare Fera e Mazzini, con Bilotti, Misasi e Mancini.
Non li candido così a un rinnovo della toponomastica. Mi sto solo svuotando le tasche. Altri, più anziani di me, più attenti di me, avranno quelli e altri in saccoccia. Si tratta di deporne i nomi sul comodino, così come si usa fare nello svestirsi serale, liberandosene momentaneamente giusto per guadagnare poche ore di sonno. Purtroppo non tutti andiamo in piscina di sera e non c’era altro modo che questo.
facebook, 1 novembre 2012
Jacques Derrida

8 commenti:

  1. che sfilza di minchiate senza capo nè coda.

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  2. Prima servite proni politici e baroni
    ricevendone emolumenti clientelari,
    poi, quando anche loro capiscono
    di quale mascarpone siete fatti,
    vi abbandonano.
    Per tutta risposta sputate nel piatto
    in cui avete mangiato fino a ieri.
    Ma quanto siete autoreferenziali!
    Povero Stefano, povera Adele,
    ma come vi permettete?

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    1. Meglio sarebbe firmare.
      (...) "emolumenti clientelari", "sputate nel piatto", etc. Caro anonimo perché non firma le sue volgarità?
      M'incuriosisce solo quel "povero Stefano, povera Adele", come se a lei fossero particolarmente cari. Ma escludo che lo siano, per il semplice motivo che una tale co-appartenenza le avrebbe fatto intendere l'estrema delicatezza di quanto da me scritto.

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  3. "Non sono uno storico, un astrofisico e
    – SPERO - NEMMENO UN POETASTRO;
    non faccio il critico, dunque non sta a me soppesarne il valore, ma ne misuro il peso in termini etici, estetici e di civiltà".

    L’incapacità di autovalutarsi è chiaro segno di narcisismo. In Italia milioni di persone scrivono poesie, non per ciò possono definirsi poeti.

    A. Compromissioni significative nel funzionamento della personalità, che si manifestano come:

    1. compromissioni significative del Sé. (A o B):

    A. Identità: eccessivo riferimento ad altri per auto definirsi e per regolare la propria AUTOSTIMA; ESAGERATA AUTOVALUTAZIONE, l’immagine di sé oscilla dall’ipervalutazione al disprezzo di sé.

    B. Auto-direzionalità: la definizione degli obiettivi si basa sul raggiungimento dell’approvazione degli altri, gli standard personali sono irragionevolmente elevati, al fine di vedere se stessi come eccezionali, o troppo bassi sulla base di un senso di diritto. (tradurre meglio).

    2. compromissioni nel funzionamento interpersonale (A o B):

    A. Empatia: ridotta capacità di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri, troppo in sintonia con le reazioni degli altri, ma solo se percepite come rilevante per sé, sovra o sottostimare il proprio effetto sugli altri.

    b. Intimità: relazioni superficiali e in gran parte utili per la regolazione dell’autostima; il mutuo scambio è caratterizzato da un interesse poco genuino per le esperienze degli altri ma rivolto soprattutto da un bisogno di guadagno personale.



    B. patologiche caratteristiche di personalità nei settori seguenti:

    1. Antagonismo: caratterizzato da:

    a. Grandiosità: Sentirsi in diritto, egocentrismo, saldamente convinto di essere migliore degli altri; accondiscendente verso gli altri.

    b. Ricerca di attenzione: tentativi eccessivi per attrarre e essere al centro dell’attenzione degli altri, in cerca di ammirazione.

    da:http://www.terapiacognitiva.re.it/servizio/disturbo-narcisistico-di-personalita/

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    1. Signor anonimo, lei dissemina d'indizi le sue reprimende.
      Vede, lei pensa di nascondersi dietro l'anonimato. Non riuscendoci.
      Riconosco - ciciamo così - uno stile. Il suo non firmare in fondo non è così anonimo. Mi si affaccia una ipotesi ...

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  4. Quando il Comune di Cosenza
    faceva le peggiori porcate
    (abusivismo, ditte complici,
    cattiva gestione di acqua e viabilità,
    eccetera)
    con i soldi delle tasse siete stati zitti,
    no anzi,
    avete indorato la pillola con la vostra retorica.
    Ora vi lamentate per una targa?
    Siete proprio coscienze critiche!
    Lasciate stare Chichibio,
    poverino non capisce ciò che scrive (per primo lui)
    ed è un fiume in piena di
    autoreferenzialissima
    incoscienza

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    Risposte
    1. Ecco, è come le dicevo. Lei deve essere quel "Patitucci" (apprezzerà l'utilizzo di uno dei suoi nick utilizzati per il discredito e la diffamazione). Non si accorge di star male? Perché non fa qualcosa per la sua salute? A distanza di mesi le rinnovo l'invito che solo una preoccupazione pari alla pazienza può umanamente suggerire.

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